Lettera aperta ai rappresentanti politici italiani

Gentili rappresentanti politici italiani,

sono Alessandro Rossini, un giovane di 28 anni che è stato costretto purtroppo o per fortuna ad espatriare per non vedere vanificati tanti anni di sacrifici.

Scrivo questa lettera per condividere con voi la mia storia. Prendetela un po’ come volete: come la storia di un perfetto sconosciuto a cui non dare nessuna importanza oppure come l’ennesima preoccupante testimonianza di uno dei tanti professionisti che da decenni abbandonano il Bel Paese.

Ho investito diversi anni della mia vita sopra i libri per ottenere una istruzione universitaria. Non sono stato solo un “secchione”, ho coltivato i miei interessi ed ho avuto i miei momenti di svago, ma i sacrifici sono stati tanti. Il risultati sono stati un master in tecnologie del web ed una laurea magistrale con lode in informatica presso l’Università degli Studi dell’Aquila, uno stage aziendale di quattro mesi a Roma presso una importante società di consulenza e soprattutto un anno di scambio in Norvegia grazie al programma Erasmus.

Alla fine del mio ciclo di studi, mi sarebbe piaciuto rimanere in accademia a fare il ricercatore. La ricerca è una delle cose che mi stimola di piú… Già da bambino dicevo che da grande avrei fatto l’inventore. Non avevo ancora idea di cosa avrei inventato, ma le intenzioni erano buone. 🙂 Il relatore della mia tesi mi invitò a partecipare al concorso per l’assegnazione di una borsa di studio per il dottorato, ma le condizioni di lavoro sarebbero state quelle stranote: poco piú di 800 EUR netti al mese, ovviamente se fossi rientrato fra i pochi “eletti” a vincere il concorso. Ma oggi uno scapolo che non vuole piú gravare sulle finanze dei genitori ha bisogno di molto di piú di 800 EUR al mese.

Nei mesi seguenti la mia laurea, ricevetti anche alcune offerte di lavoro dall’industria. La maggior parte delle proposte arrivarono da Roma e Milano, ed io sarei stato ben disposto a trasferirmi, se solo avessi ricevuto una proposta di lavoro adeguata. L’offerta piú vantaggiosa mi proponeva di lavorare a Milano per uno stipendio di 1200 EUR netti al mese, con un contratto di formazione e lavoro della durata di un anno. Mi chiesi piú volte cosa avessi studiato a fare, visto che è possibile guadagnare di piú con lavori per i quali non è richiesta la benché minima preparazione universitaria.

Con la ristrettezza e la precarietà di queste offerte, voi (dimenticando per un attimo l’agio in cui vivete grazie alle cariche che rivestite) ne avreste accettata una? Io proprio no. Molti dei miei colleghi ci erano già passati e si trovavano a vivere con l’ansia di non arrivare alla fine del mese.

Eppure, con i vostri programmi elettorali avete sempre promesso, tra le tante cose, aumento degli investimenti in istruzione e ricerca, riduzione del precariato lavorativo, snellimento della burocrazia, ma soprattutto avete promesso un futuro ai giovani. Puntualmente, avete disatteso tutte queste promesse.

A dir poco scoraggiato dallo scenario che mi si presentava davanti, iniziai a pensare che l’unica strada auspicabile per la mia carriera sarebbe stata quella di spostarmi all’estero. Grazie ai contatti fatti durante la mia esperienza di studi in Norvegia, ricevetti un’offerta di lavoro come ingegnere informatico presso una azienda di consulenza di Bergen. La scelta non era delle piú semplici, ma alla fine accettai e poche settimane dopo ero nel profondo nord. Dopo qualche mese di lavoro come ingegnere, ricevetti un’altra proposta di lavoro come dottorando presso l’Università di Bergen. Non mi feci scappare questa occasione, e riuscii finalmente a realizzare uno delle mie piú grandi aspirazioni: diventare un ricercatore.

È inutile che vi dica che le condizioni contrattuali sono decisamente allettanti: lo stipendio di partenza (anche normalizzato al costo della vita) è piú del doppio di quanto offerto in Italia, la classe di stipendio viene aumentata annualmente, le ferie pagate sono cinque settimane all’anno e l’orario di lavoro è flessibile. Ancora una volta, voi cosa avreste fatto? Io ho preso la mia decisione serenamente, ho accettato di investire almeno i prossimi quattro anni della mia vita qui.

Da due anni vivo in un Paese che, pur con i suoi difetti e problemi, è sicuramente moderno e dinamico. Ricordo ancora che al mio arrivo tutti mi parlavano in inglese, e le uniche cose che dovetti fare furono richiedere il permesso di soggiorno ed aprire un conto in banca. In meno di un giorno avevo finito con la burocrazia: nessuno mi chiese di riempire decine di moduli ridondanti, nessuno mi chiese di comprare marche da bollo, nessuno mi chiese di rivolgermi ad altri uffici. Alle tasse ci pensa direttamente il datore di lavoro. Le mie qualità vengono valorizzate ed alla fine del mese ho la mia gratificazione economica.

Quella di trasferirmi all’estero è stata comunque una delle scelte piú difficili della mia vita. Trasferirsi a piú di 3000 km da casa vuol dire mettersi completamente in gioco e ricominciare da zero. Rinunciare alla vicinanza della propria famiglia, dei propri affetti, delle proprie amicizie sono solo le piú ovvie delle conseguenze di una scelta cosí importante. Si deve imparare una nuova lingua, cambiare le proprie abitudini alimentari, familiarizzare con nuovi usi e costumi e farsi piacere anche quello a cui non siamo e non vorremmo essere abituati. Si deve affrontare la solitudine, ricostruire una rete di amicizie e a volte sentirsi un ospite indesiderato. Credete sia facile? Eppure io preferisco affrontare di petto tutto questo pur di avere un futuro…

Gentili rappresentanti politici, sarò ripetitivo ma ci tengo a ribadire che io sono solo uno dei tanti cervelli che hanno ricevuto ospitalità e garanzie all’estero. I giovani che fuggono lo fanno perché non hanno possibilità di esprimersi nel loro Paese, e non c’è da meravigliarsi: la ricerca universitaria si regge in piedi con mezzi di fortuna e le aziende italiane in cui si possa parlare di ricerca e sviluppo si contano ormai con due mani. Questo è un problema che conoscete bene, eppure non provate ad arginarlo in nessun modo. Non vi preoccupa minimamente che molti giovani capaci se ne vadano a dare il loro contributo in altri Paesi? Di questo passo, chi si occuperà dello sviluppo dell’Italia? Da 50 anni non fate piú politica, ma pensate solo ai vostri interessi. Perché al posto di giocare alla creazione di nuovi partiti, federazioni e alleanze, non cercate concretamente di frenare gli innumerevoli sperperi di denaro pubblico per investirli in maniera opportuna? Oppure il sistema è veramente cosí marcio da non poter porre rimedio?

Io rimango perplesso e soprattutto triste di fronte al declino di un Paese cosí bello e dalla storia cosí ricca.

Cordiali saluti,
Alessandro Rossini

5 Comments

  1. Ciao Alessandro
    Girando per il web sono capitato in questo Blog e il tuo ultimo articolo mi è davvero piaciuto. Condivido ogni tuo pensiero e penso che la tua scelta sia stata una delle migliori! Io devo ancora cominciare l’università ma non sono sicuro di volerla iniziare qui in Italia per semplici motivi. Vorrei entrare in Biotecnologia e come ben sai qui in Italia non si è ben pagati. Oltretutto ammesso che mi laurei qui ho in mente di andare comunque in cerca di lavoro all’estero e la Norvegia mi alletta davvero molto. Potresti darmi qualche consiglio?Mi conviene fare università completamente all’estero?

  2. Ciao Alessandro,
    scopro ora il tuo blog!
    ANche io ho fatto la tua scelta…vengo da due contratti a tempo indeterminato in Italia. Sono qui a Trondheim solo dal 10 luglio ma sono felicissimo della scelta…in Italia mi mancavano gli stimoli e in piú, molte delle cose che hai segnalato anche tu nel tuo post…
    Se passi da queste parte vienimi a trovare.

    Massimiliano

  3. Ale da un poco che non venivo su questo blog. L’ammissione è che io la tua sfida di petto non l’ho mai voluta affrontare come si deve. Ma giornalmente mi ritrovo a combattere con la realtà marcia(o comunque poco appagante dal punto di vista lavorativo) che tu descrivi. Sicuramente la cosa più difficile è prendere una decisione e portarla avanti a testa alta. Cosa che stai facendo alla grande. Ti ho sempre stimato per le tue capacità e continuo a farlo.

    Mi piacerebbe che questo post avesse più visibilità perché rispecchia il pensiero di molti come te fuori da questa nazione, ma anche di molti che non ce l’hanno fatta per qualunque motivo esso sia. Lo vedrai sulla “ruota” se per te non è un problema 😉

    Stammi bene e porta la bandiera IT(A) a testa alta!

  4. Hai pienamente ragione, infatti attualmente sono con un contratto di formazione proprio come dicevi te. Se possibile invia questo post al blog di Beppe Grillo almeno lui fà un pò di casino..

  5. Quanto hai ragione Alessandro! Qui a Bologna come sai siamo tutti laureati e lavoriamo tutti per quattro soldi.. qualcuno più fortunato magari anche cinque o sei, ma frasi come ‘mettere dei soldi da parte’ o ‘acquistare una casa’ o anche solo ‘pensare al futuro’ considerando il costo della vita appaiono sempre fuori luogo.
    Se penso che potevo prendere lo stesso stipendio anche senza una laurea, mi sarebbe convenuto 100 volte saltare l’università e iniziare a lavorare a 19 anni, almeno adesso mi ritroverei qualcosa in banca. E invece no, ho pensato, ingenuamente, che studiando mi sarei garantito un futuro migliore, oltre che un’istruzione superiore. Pensa che stupido..
    In bocca al lupo per tutto, secondo me hai fatto la scelta migliore.
    Flavio

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