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7-fjellsturen 2009

Yes, I did it again. The seven mountains of Bergen in one day, 13 hours and 8 minutes to be precise. Despite the rain, I spent 36 minutes less than my first time.

Checkpoint20082009
Start 7-fjell (Gravdal ved Nutec)8:478:28
Lyderhorn10:1410:06
Damsgårdsfjell11:5111:52
Løvstakken13:4013:37
Start 4-fjell (Årstad)15:0014:36
Ulriken16:4316:39
Fløyen19:0519:21
Rundemanen20:2720:07
Sandviksfjellet20:5620:48
Mål (Marken)22:2721:36

Special thanks go to “min kjære” Synnøve, who shared with me in both editions, plus Antonio and Mikal who joined us this year.

Lettera aperta ai rappresentanti politici italiani

Gentili rappresentanti politici italiani,

sono Alessandro Rossini, un giovane di 28 anni che è stato costretto purtroppo o per fortuna ad espatriare per non vedere vanificati tanti anni di sacrifici.

Scrivo questa lettera per condividere con voi la mia storia. Prendetela un po’ come volete: come la storia di un perfetto sconosciuto a cui non dare nessuna importanza oppure come l’ennesima preoccupante testimonianza di uno dei tanti professionisti che da decenni abbandonano il Bel Paese.

Ho investito diversi anni della mia vita sopra i libri per ottenere una istruzione universitaria. Non sono stato solo un “secchione”, ho coltivato i miei interessi ed ho avuto i miei momenti di svago, ma i sacrifici sono stati tanti. Il risultati sono stati un master in tecnologie del web ed una laurea magistrale con lode in informatica presso l’Università degli Studi dell’Aquila, uno stage aziendale di quattro mesi a Roma presso una importante società di consulenza e soprattutto un anno di scambio in Norvegia grazie al programma Erasmus.

Alla fine del mio ciclo di studi, mi sarebbe piaciuto rimanere in accademia a fare il ricercatore. La ricerca è una delle cose che mi stimola di piú… Già da bambino dicevo che da grande avrei fatto l’inventore. Non avevo ancora idea di cosa avrei inventato, ma le intenzioni erano buone. 🙂 Il relatore della mia tesi mi invitò a partecipare al concorso per l’assegnazione di una borsa di studio per il dottorato, ma le condizioni di lavoro sarebbero state quelle stranote: poco piú di 800 EUR netti al mese, ovviamente se fossi rientrato fra i pochi “eletti” a vincere il concorso. Ma oggi uno scapolo che non vuole piú gravare sulle finanze dei genitori ha bisogno di molto di piú di 800 EUR al mese.

Nei mesi seguenti la mia laurea, ricevetti anche alcune offerte di lavoro dall’industria. La maggior parte delle proposte arrivarono da Roma e Milano, ed io sarei stato ben disposto a trasferirmi, se solo avessi ricevuto una proposta di lavoro adeguata. L’offerta piú vantaggiosa mi proponeva di lavorare a Milano per uno stipendio di 1200 EUR netti al mese, con un contratto di formazione e lavoro della durata di un anno. Mi chiesi piú volte cosa avessi studiato a fare, visto che è possibile guadagnare di piú con lavori per i quali non è richiesta la benché minima preparazione universitaria.

Con la ristrettezza e la precarietà di queste offerte, voi (dimenticando per un attimo l’agio in cui vivete grazie alle cariche che rivestite) ne avreste accettata una? Io proprio no. Molti dei miei colleghi ci erano già passati e si trovavano a vivere con l’ansia di non arrivare alla fine del mese.

Eppure, con i vostri programmi elettorali avete sempre promesso, tra le tante cose, aumento degli investimenti in istruzione e ricerca, riduzione del precariato lavorativo, snellimento della burocrazia, ma soprattutto avete promesso un futuro ai giovani. Puntualmente, avete disatteso tutte queste promesse.

A dir poco scoraggiato dallo scenario che mi si presentava davanti, iniziai a pensare che l’unica strada auspicabile per la mia carriera sarebbe stata quella di spostarmi all’estero. Grazie ai contatti fatti durante la mia esperienza di studi in Norvegia, ricevetti un’offerta di lavoro come ingegnere informatico presso una azienda di consulenza di Bergen. La scelta non era delle piú semplici, ma alla fine accettai e poche settimane dopo ero nel profondo nord. Dopo qualche mese di lavoro come ingegnere, ricevetti un’altra proposta di lavoro come dottorando presso l’Università di Bergen. Non mi feci scappare questa occasione, e riuscii finalmente a realizzare uno delle mie piú grandi aspirazioni: diventare un ricercatore.

È inutile che vi dica che le condizioni contrattuali sono decisamente allettanti: lo stipendio di partenza (anche normalizzato al costo della vita) è piú del doppio di quanto offerto in Italia, la classe di stipendio viene aumentata annualmente, le ferie pagate sono cinque settimane all’anno e l’orario di lavoro è flessibile. Ancora una volta, voi cosa avreste fatto? Io ho preso la mia decisione serenamente, ho accettato di investire almeno i prossimi quattro anni della mia vita qui.

Da due anni vivo in un Paese che, pur con i suoi difetti e problemi, è sicuramente moderno e dinamico. Ricordo ancora che al mio arrivo tutti mi parlavano in inglese, e le uniche cose che dovetti fare furono richiedere il permesso di soggiorno ed aprire un conto in banca. In meno di un giorno avevo finito con la burocrazia: nessuno mi chiese di riempire decine di moduli ridondanti, nessuno mi chiese di comprare marche da bollo, nessuno mi chiese di rivolgermi ad altri uffici. Alle tasse ci pensa direttamente il datore di lavoro. Le mie qualità vengono valorizzate ed alla fine del mese ho la mia gratificazione economica.

Quella di trasferirmi all’estero è stata comunque una delle scelte piú difficili della mia vita. Trasferirsi a piú di 3000 km da casa vuol dire mettersi completamente in gioco e ricominciare da zero. Rinunciare alla vicinanza della propria famiglia, dei propri affetti, delle proprie amicizie sono solo le piú ovvie delle conseguenze di una scelta cosí importante. Si deve imparare una nuova lingua, cambiare le proprie abitudini alimentari, familiarizzare con nuovi usi e costumi e farsi piacere anche quello a cui non siamo e non vorremmo essere abituati. Si deve affrontare la solitudine, ricostruire una rete di amicizie e a volte sentirsi un ospite indesiderato. Credete sia facile? Eppure io preferisco affrontare di petto tutto questo pur di avere un futuro…

Gentili rappresentanti politici, sarò ripetitivo ma ci tengo a ribadire che io sono solo uno dei tanti cervelli che hanno ricevuto ospitalità e garanzie all’estero. I giovani che fuggono lo fanno perché non hanno possibilità di esprimersi nel loro Paese, e non c’è da meravigliarsi: la ricerca universitaria si regge in piedi con mezzi di fortuna e le aziende italiane in cui si possa parlare di ricerca e sviluppo si contano ormai con due mani. Questo è un problema che conoscete bene, eppure non provate ad arginarlo in nessun modo. Non vi preoccupa minimamente che molti giovani capaci se ne vadano a dare il loro contributo in altri Paesi? Di questo passo, chi si occuperà dello sviluppo dell’Italia? Da 50 anni non fate piú politica, ma pensate solo ai vostri interessi. Perché al posto di giocare alla creazione di nuovi partiti, federazioni e alleanze, non cercate concretamente di frenare gli innumerevoli sperperi di denaro pubblico per investirli in maniera opportuna? Oppure il sistema è veramente cosí marcio da non poter porre rimedio?

Io rimango perplesso e soprattutto triste di fronte al declino di un Paese cosí bello e dalla storia cosí ricca.

Cordiali saluti,
Alessandro Rossini

Marburg and FASE’09

I have the feeling that my blog is slowly becoming just a collection of reports about my trips. Not that there is anything wrong with that, but a bit more of variety would be better. Anyway, here I am once more talking about research and travelling.

During March I had two trips. The first was to Marburg, a little town about one hour train north of Frankfurt, Germany. This trip was not due to a conference, but because I needed to work together with my colleague Adrian—who was spending three months as a visiting researcher at the Philipp University—on a paper which we had to submit for a journal publication. We managed to get finished with the paper and to submit it, and fortunately, we also had time to hang out.

Marburg is a lovely university town; it reminds me a bit L’Aquila, at least the L’Aquila I am familiar with. I stayed one week in a king sized room of a guest house, with furniture from the beginning of the 20th century and a bathroom that was probably bigger than the room I have in Bergen. 🙂 No, I did not have travelling budget to waste, on the contrary, I tried to spare. Nevertheless, this was the cheapest solution available since Marburg was hosting a big conference on Medicine during the same week, and all the hotels were fully booked. I learned something funny while in Marburg: many of the public toilets in Germany have a particular sink specifically designed to… puke. 🙂 A local PhD student commented about this with “We have strong drinking traditions in Germany…” Brilliant!

The second trip was to York, as always together with Adrian, to attend the FASE 2009 conference, part of ETAPS. Here I presented our last paper “A Category-Theoretical Approach to the Formalisation of Version Control in MDE.” I was confident, and I am satisfied with the presentation. Receiving compliments from colleagues and other researchers was a high reward. The same evening after the presentation we had a “gala dinner”, which was delicious, and we continued the celebrations in the pubs of the city centre. The ale beers from the local breweries helped me to forget about the research carried on in the last months. 🙂 The city of York was somehow fascinating, also because of its history. Founded by Romans in the year 71 and captured by the Vikings in 866, it shares a lot with the history of both my home country and the country where I live now.

Earthquake in L’Aquila

I would like to answer all the messages I have received asking whether my family and friends were involved in the earthquake in L’Aquila. Thanks everyone for the interest!

My family lives in Tortoreto, which is a small town on the Adriatic coast, about 100 km far from the epicentre of the earthquake. My parents were only woken up by the vibrations and spent the rest of the night in their caravan, but the distance was enough to avoid any damage there.

Many of my friends who live in L’Aquila, however, are without a roof now: the lucky ones are sleeping at some relatives or in hotels, the unlucky ones are sleeping in tents. At least all of them seem to be in good health and relatively confident about the future.

What makes me sad is to see the city where I studied for six years transformed into a sort of city of ghosts. I am sincerely sorry for all the victims of the earthquake. But I know that people from L’Aquila are strong, and I am sure they will manage to recover from this disaster.

NWPT’08

As always with some delay, I can finally write a bit about what my experience at the NWPT’08 workshop in Tallinn, Estonia. The trip started immediately with some strong emotions: my colleague Adrian realised that he forgot the passport home just before catching the taxi to the airport, so we asked the driver to run to his place first and to the airport next. Fortunately, we made it, and late in the night, we were in the old city of Tallinn.

The workshop encompassed several theoretical presentations, and I have to admit that I did not understand many of them, but this is probably (hopefully? 🙂 ) normal when people are coming from heterogeneous fields of research. I finally had my first presentation as well. We had indeed two extended abstracts accepted at the workshop, and I presented the one titled “Version Control in MDE.” Despite the initial stage fright, I have to say that the presentation was smooth.

I had the chance to go a bit around the old town of Tallinn during the weekend, and I loved it. There is a lot of history everywhere, and sometimes it seems to be back in time. However, despite the old-fashion look, Tallinn is ahead in time for what concerns the adoption of Internet. In fact, Internet access is available for free everywhere through WiFi. Note that with “for free” I do not mean that you can steal the connection from some unwary network owner, but that the municipality provides it. Estonian people I met seemed helpful and friendly, and most of them were able to speak English fluently. In the end, it was a pleasant experience, except for the last detail…

The journey back to Bergen was a sort of odyssey. We had a connected flight to Bergen, with a stopover in Copenhagen. The day that we were supposed to leave, we woke up in the middle of an extreme snow storm. Our flight was not cancelled, so we had to reach the airport at 16:30, with expected departure at 18:00. The taxi driver had even problems to come to the airport because of loads of snow all over the streets. The situation did not look promising at all, but the Airport kept delaying our flight rather than cancelling it. After waiting many hours at the gate with no precise information, the flight was eventually declared cancelled at 00:00. The airline could not provide us with a hotel since they had to handle many cancellations during the day. After having our flight rescheduled for the day after, we had to come back to our hotel, where they, fortunately, had two rooms available for the night. But the story does not end here. We had the same schedule for the day after, but luck was not with us. The flight took off at 21:00 instead of 18:00, and we apparently missed the connection in Copenhagen. We hoped that they could reschedule us to take the last flight from Copenhagen to Bergen at 22:45, but guess what? It was cancelled due to another snow storm in Stockholm, which meant another night abroad, this time at a Radisson SAS hotel. After more than two days of journey, we finally landed in Bergen the morning after.